Interviste dal vivo e interviste via e-mail a confronto: pro e contro.
Pubblicato da David su The Dude Experience - Giornale per caso
Recentemente ho letto
il libro della giornalista Grazia Visconti,
intitolato "Giornalista online" (Casa Editrice
Franco Angeli), e ho trovato molto interessante
il capitolo dedicato alle interviste via e-mail.
In esso, l'autrice sottolinea come
l'intervista realizzata tramite posta
elettronica comporti un risparmio di tempo e
denaro, vista l'economicità e rapidità del
mezzo. C'è da premettere, tuttavia, che sono
molti i giornalisti ad esprimere un parere
sfavorevole nei riguardi dell'intervista via
e-mail.
In merito a ciò, mi sembra
opportuno citare testualmente Sergio Lepri
(Professione giornalista, Etas libri, 1991), il
quale scrive: "L'intervista è, e deve essere, un
colloquio, e quindi una certa risposta può
suggerire una domanda diversa da quella
preparata; altrimenti capita che l'intervistato,
se è furbo, ne approfitta per affermazioni
avventate e non documentate, sapendo che non
riceveranno dall'intervistatore nè contestazione
nè replica e neppure una rispettosa richiesta di
precisazione". La Visconti sostiene che le
affermazioni di Lepri sono giustissime, ma che
un diritto di replica può esistere anche via
e-mail (non in tempo reale, però). L'unico
incoveniente è quello di non ricevere nessuna
risposta ad una richiesta di chiarimenti da
parte dell'intervistatore. Certo è che
sarebbe una grave scorretezza dell'intervistato,
contraria ai principi della "netiquette", che ci
insegna che è buona educazione rispondere ad un
messaggio nel giro di 24 ore. Si
evidenziava, inoltre, che per l'intervista via
e-mail esistono seri problemi relativi alla
sincerità dell'intervistato. Nessuno, infatti,
ci garantisce che quest'ultimo faccia scrivere
le risposte dalla sua segretaria, con l'evidente
risultato di una scarsa credibilità
dell'intervista stessa. E' fuori dubbio che,
solo in un'intervista dal vivo, si può guardare
negli occhi l'intervistato e capire se mente.
Inoltre, si può gestire meglio l'intera
intervista, in quanto il giornalista può fare le
domande in funzione delle risposte della persona
intervistata, che in questo modo è messa sotto
pressione molto di più. E', tuttavia,
incontrovertibile che, al di là della modalità
con cui si realizza un'intervista, ci deve
essere un rapporto di fiducia tra intervistatore
e intervistato, alla stregua dello stesso
rapporto di fiducia che intercorre tra un
giornalista e i suoi lettori. Nel capitolo
in questione viene fatto tra l'altro un
interessante parallelo tra i due tipi di
intervista. Grazia Visconti, direttore della
rivista telematica www.grazia.net, afferma che
l'intervista tradizionale è più formale, in
quanto non c'è il tono confidenziale proprio di
un'e-mail. E', però, più interattiva per le
ragioni di cui parlavo prima: l'intervistatore
può cambiare le domande nel corso
dell'intervista in funzione delle risposte
dell'intervistato e, può sondare meglio se dice
la verità, andando eventualmente più in
profondità. Altra considerazione importante
è che un'intervista tradizionale richiede molto
più lavoro da parte del giornalista, in quanto
c'è da sbobinare e riversare nel formato
digitale tutto quello che si è registrato. Il
registratore è, infatti, un mezzo molto usato in
questo contesto, in quanto costituisce la prova
inconfutabile di ciò che si è effettivamente
detto. Inoltre, mi sembra evidente che,
mentre per l'intervista via e-mail le risposte
sono già pronte per la pubblicazione, in
un'intervista dal vivo è necessaria una
rielaborazione del testo (dopo la registrazione)
per controllarne la grammatica e la sintassi,
oltre che la lunghezza, dal momento che non se
ne tiene conto nel parlare comune (si ha la
tendenza ad essere piuttosto prolissi).
Infine, un'intervista tradizionale richiede
una notevole abilità nel prendere appunti, in
modo da costruire uno schema del discorso con i
concetti più importanti collegati tra
loro.
|